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- Il nascituro a chi appartiene? Considerazioni sulla ovodonazione.
La ovodonazione è una pratica medica molto diffusa per coloro che hanno difficoltà a concepire, ma questa pratica solleva molti interrogativi. Una domanda frequente è: a chi appartiene davvero il bambino che nascerà? A chi donna l’ovulo, a colei che lo partorisce o alla coppia che intende diventare genitore? L'INCERTEZZA EMOTIVA Per molte pazienti infertili, l'idea di affidare la speranza di maternità a un altro corpo, attraverso la ovodonazione, crea un turbinio di emozioni contrastanti. La paura di non essere veramente "madri" o di non avere un legame biologico con il bambino è una delle ansie principali. Le donne vivono un conflitto interiore; emotivamente si sentono distanti dalla figura materna ideale, quella che ha vissuto la gravidanza e ha un legame biologico con il figlio. Spesso la paura di "non riconoscersi" nel bambino o di non riuscire a instaurare un legame affettivo profondo si mescola con il timore di non essere accettate dagli altri come vere madri. La presenza della donatrice rende la maternità più complessa, sfumata. Inoltre, c'è la preoccupazione che il bambino cresca consapevole di non essere "figlio biologico" della donna che lo alleva. LEGAME AFFETTIVO VS. LEGAME BIOLOGICO Dal punto di vista legale ed etico, il bambino nato dalla ovodonazione è riconosciuto come figlio dei genitori che lo accolgono, ovvero di quelli che hanno ricevuto l’ovulo e lo hanno concepito tramite inseminazione. Tuttavia, per le donne che ricevono l'ovulo, resta un'incertezza emotiva riguardo alla "proprietà" del nascituro. La domanda "A chi appartiene il bambino?" non trova una risposta definitiva, perché la maternità non si limita alla dimensione biologica, ma va oltre quella affettiva, emotiva e relazionale. IL DOLORE DEL "NON ESSERE MADRE BIOLOGICA" Le donne che si rivolgono alla ovodonazione soffrono. Non solo affrontano le difficoltà legate alla fertilità, ma anche il dolore della separazione biologica da un figlio che desiderano ardentemente. Inoltre subentra la paura del giudizio sociale o familiare, poiché non tutti comprendono appieno le implicazioni dell'ovodonazione. Le pazienti temeno che gli altri non riconoscano il loro ruolo di madri, o peggio, che il bambino possa non considerarle tali. A volte, questa angoscia può manifestarsi sotto forma di ansia, depressione o conflitti che rendono ancora più complesso il percorso della genitorialità. RICERCA DI IDENTITA' E ACCETTAZIONE Nel tempo, le donne che hanno ricevuto ovuli da una donatrice trovano un equilibrio emotivo, superando il conflitto tra legame biologico ed affettivo. La maternità, infatti, è prima di tutto un atto di cura, di amore incondizionato e di accoglienza. Una madre è tale non solo perché ha partorito, ma anche per ciò che ha condiviso con lui nel tempo. In conclusione, la ovodonazione rappresenta una possibilità, ma anche una fonte di paure e ansie che richiedono tempo, comprensione e sostegno.
- Obesità nei papà ed aumentato rischio di malattia nei figli
La Bibbia afferma che " le colpe dei padri ricadono sui figli ". Tuttavia, la scienza suggerisce che non solo le colpe, ma anche l'età e lo stile di vita dei genitori influenzano i bambini. Fino a ora, si pensava che fosse soprattutto il comportamento della madre durante la gravidanza a determinare la salute del feto. Uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Stem Cells ha dimostrato che anche i padri hanno un ruolo importante in questo processo e non possono essere considerati estranei. L'obesità è una condizione che può essere trasmessa geneticamente tramite il padre, come dimostra il fatto che i figli di padri obesi tendono a sviluppare la stessa condizione. Tuttavia, non è ancora completamente chiaro quale sia l'impatto dei fattori ambientali nell'indurre modificazioni epigenetiche (cioè dell'espressione di alcuni geni) nei genitori che, a loro volta, aumentano il rischio di obesità nei figli. Uno studio recente pubblicato su Cell Metabolism ha cercato di spiegare perché i figli di padri obesi siano più vulnerabili all'obesità. Ricercatori dell'Università di Copenaghen hanno ipotizzato che l'obesità dei padri, al momento del concepimento, possa favorire l'attivazione di modifiche epigenetiche legate al rischio di sviluppare obesità nella progenie. Questa teoria è stata confermata dai risultati dello studio, che hanno rivelato differenze nei segnali epigenetici tra gli spermatozoi di uomini magri e uomini obesi, in particolare nelle regioni del DNA coinvolte nel controllo dell'appetito. L'epigenetica riguarda i cambiamenti nell'espressione dei geni, che non alterano la sequenza del DNA ma influenzano la loro attività. In questo caso, le differenze epigenetiche tra uomini magri e uomini obesi indicano un controllo dell'appetito più o meno efficiente a livello centrale. Si ipotizza che la possibile relazione tra l'obesità nei genitori e la comparsa di alcune patologie a livello del nascituro, del bambino e dell'adulto, anche attraverso le generazioni , possa essere spiegata da alcune modifiche trasmesse dallo spermatozoo nella metilazione del DNA del gene IGF2 nei figli. La metilazione del DNA influisce sull'attività di determinati geni e può indicare un rischio maggiore per alcune patologie. In particolare, la metilazione del gene IGF2 può ridurne la funzione, e questo è stato collegato a un aumentato rischio di sviluppare malattie come il cancro del colon-retto e i tumori ovarici. È chiaro, dunque, che l’alimentazione dei genitori può rappresentare un fattore epigenetico di grande impatto sul fenotipo comportamentale e metabolico della prole. Esiste comunque la possibilità che i futuri genitori possano adottare misure preventive per ridurre il rischio di obesità anche nei propri figli. Quindi, come riportato da la Repubblica ... NESSUNO si senta escluso: i padri, proprio come le madri, hanno una responsabilità sulla salute dei figli alla nascita, e potenzialmente su quella delle generazioni successive.
- Maternità surrogata è reato universale!
16 ottobre 2024: la legge sulla maternità surrogata reato universale, o legge Varchi dal nome della deputata che l'ha presentato, è definitivamente passata al Senato con 84 sì, 58 no e nessun astenuto. L'Italia si allinea quindi a paesi come la Francia e la Germania dove la maternità surrogata da tempo è proibita. Non entro nel merito della liceità di questa legge e tengo per me dubbi e convinzioni. Semplicemente, in questo primo post del mio nuovo sito Internet, vorrei coinvolgere voi pazienti in un dibattito aperto che ci consenta, in totale libertà, di approfondire un tema come questo, estremamente delicato. Diventare genitori in Italia, lo sappiamo bene, non è stato mai agevole; basta ricordare la travagliata storia della legge 40. Possiamo sperare allora che possano aprirsi nuovi sbocchi per la maternità attraverso, per esempio, una meno intricata legge sulle adozioni.
- Nato il primo bambino con Fertilo, tecnica alternativa alla fecondazione in vitro: come funziona
Gli scienziati della società biotecnologica Gameto hanno annunciato la nascita del primo bambino dato alla luce grazie a Fertilo, una tecnica di procreazione assistita (PMA) alternativa alla tradizionale fecondazione in vitro. Perché per alcuni esperti è una “pietra miliare” della medicina riproduttiva: quali sono i vantaggi e come funziona. continua su: https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/nato-il-primo-bambino-con-fertilo-tecnica-alternativa-alla-fecondazione-in-vitro-come-funziona/ A Lima, in Perù, è nato il primo bambino con un'innovativa tecnica di PMA chiamata Fertilo. Messa a punto dalla società di biotecnologie “Gameto” guidata da scienziate donne, è progettata per ridurre al minimo i rischi e i disagi legati alle tradizionali procedure di fecondazione in vitro (FIV), basate su una intensa e prolungata stimolazione ovarica con ormoni – fino a un paio di settimane – al fine di ottenere la maturazione degli ovociti. Con la tecnica Fertilo la maturazione avviene in ambiente controllato di laboratorio grazie a speciali cellule ingegnerizzate, le iPSC (cellule staminali pluripotenti indotte), che sono in grado di trasformarsi in qualunque cellula dell'organismo. Pertanto sono sufficienti soltanto tre giorni di trattamento ormonale al posto dei 10 – 14 della normale FIV, l'80% del tempo in meno. La ridotta esposizione alla terapia ormonale abbatte in modo significativo il rischio di Sindrome da iperstimolazione ovarica, una condizione in cui le ovaie si gonfiano e diventano dolenti a causa dell'eccessiva esposizione agli ormoni e alla maturazione accelerata di troppi ovuli. Fertilo, come indicato, abbatte questi rischi perché utilizza ovuli immaturi fatti crescere e maturare assieme a cellule di supporto ovariche (OSC) giovani e ingegnerizzate dai ricercatori di Gameto. Ciò, come indicato, si traduce in soli tre giorni di terapia ormonale. In Italia, l'uso delle cellule staminali nella riproduzione assistita è regolamentato dalla Legge 40/2004 . La normativa prevede regole stringenti riguardo alla procreazione medicalmente assistita (PMA) e al trattamento degli embrioni. Di seguito, alcune informazioni chiave: Uso di cellule staminali embrionali :La legge vieta la creazione di embrioni a scopo di ricerca e limita la manipolazione degli embrioni solo a fini strettamente legati al trattamento della coppia per la PMA. Pertanto, non è consentito l'uso di cellule staminali derivate da embrioni per scopi riproduttivi o di ricerca, salvo particolari eccezioni. Cellule staminali adulte e per uso terapeutico :Le cellule staminali adulte, prelevate da tessuti come il midollo osseo o il cordone ombelicale, possono essere utilizzate per trattamenti terapeutici, ma non sono direttamente applicabili alla riproduzione assistita. Donazione di gameti e embrioni :Dal 2014, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale, è consentita la donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) per la PMA eterologa, ma l'uso di cellule staminali non è incluso in queste procedure. Eccezioni per motivi di salute :Alcuni trattamenti sperimentali che coinvolgono cellule staminali possono essere effettuati nell'ambito di programmi di ricerca autorizzati e controllati, ma non sono attualmente previsti per la riproduzione assistita. È profondamente frustrante constatare come l'Italia rimanga ancorata a un proibizionismo miope e ideologico che soffoca la ricerca sulle cellule staminali umane, soprattutto nel contesto della riproduzione assistita. Mentre il resto del mondo avanza a passi da gigante, aprendo nuove strade per trattamenti rivoluzionari e offrendo speranza a milioni di persone, nel nostro Paese si preferisce blindare il progresso dietro muri normativi e retaggi culturali. La scienza non dovrebbe essere ostacolata da pregiudizi, ma incoraggiata a esplorare soluzioni che migliorino la vita umana. Questo immobilismo non solo ci isola dal panorama internazionale, ma costringe i nostri migliori ricercatori a emigrare, impoverendo ulteriormente un sistema già fragile. È l’ennesima dimostrazione di come, in Italia, l'innovazione sia spesso percepita come una minaccia, anziché come una straordinaria opportunità. Dr Vincenzo Noto



